Ogni anno in Italia negli ospedali vengono ricoverati circa 10 milioni di pazienti dei quali il 6% contrae un’infezione durante la degenza e tra questi 600.000, circa l’1% muore.

Si tratta in particolare di infezioni quali setticemie e polmoniti, definite ICA (infezioni correlate all’assistenza) che non erano presenti al momento del ricovero, e che causano ogni anno 6.000 morti.

Una cifra questa da brividi se si pensa che i decessi dovuti ad incidenti stradali, non si avvicinano lontanamente a questo numero.

Come si trasmettono le infezioni correlate all’assistenza

Le indagini condotte, hanno rivelato che è possibile evitare la metà delle morti da ICA se ciascun ospedale attuasse un’adeguata prevenzione – che in ogni caso sarebbero tenuti a rispettare – e che riguardano misure quali sterilizzazione degli strumenti e del personale durante l’assistenza al paziente.

Inoltre, l’infezione non è determinata solo dal luogo ma anche dalla procedura che si mette in atto: non è solo l’ospedale ad essere inadeguato ma anche tutto il personale sanitario che sottovaluta l’importanza di norme igieniche basilari.

Non a caso i mezzi più frequenti attraverso i quali si trasmettono le infezioni sono:

  • le mani del personale sanitario,
  • oggetti che si trovano a contatto con ustioni o ferite come bisturi e aghi,
  • oggetti che entrano in contatto con le mucose come endoscopi,
  • strumenti di uso quotidiano come barelle e fonendoscopi o barelle,
  • pareti,
  • pavimenti,
  • sistemi di ventilazione,
  • rete idrica.

Tutti gli elementi sopracitati potrebbero arrecare danni più o meno gravi ad un paziente, che potrebbe citare in giudizio l’ospedale o il medico coinvolto.

Nel caso in cui la struttura ospedaliera verrà coinvolta in una causa, dovrà  fornire opportuna documentazione che accerti il rispetto di tutte le misure adottate per evitare il contagio.

Spesso inoltre è stato appurato che durante le cause inerenti il risarcimento danni per ICA, il problema delle infezioni ospedaliere è determinato da un’errata scelta della profilassi antibiotica, dovuta anche a valutazioni che mirano ad un risparmio economico.

Una diagnosi tardiva dell’ICA a cui fa seguito un errato trattamento della stessa, causerà  resistenza agli antibiotici, che non riescono più ad arrestare lo sviluppo dell’infezione che può così diventare anche letale.

Ecco perché è importante porre la questione sotto l’occhio dei riflettori in modo da riaccendere il dibattito sul nostro Sistema Sanitario, che purtroppo viene sempre più privato di adeguate risorse.

Mettere in atto le misure di prevenzione da malattie infettive, aiuterebbe non solo a migliorare la salute dei pazienti, ma a ridurre il rischio di mortalità con conseguente abbattimento dei costi legati alle cure aggiuntive o ai risarcimenti da pagare a quei pazienti che hanno contratto una ICA.

L’esecuzione di questi provvedimenti sarebbe un passo in avanti lungo la strada del progresso in campo medico iniziato più di un secolo fa quando si scoprì l’importanza di lavarsi le mani e sterilizzare le attrezzature mediche.

Fonte: studio legale Boero

 

Di Silvia

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *